Qualche spunto sulle offerte concorrenti

il giugno 2016

di Pier Giorgio Cecchini                     

Pubblicato in ilcaso.it in giugno 2016

 

Sommario:

1. La scomoda posizione dell’offerente originario.

2. Le offerte frivole.

3. Le condizioni nell’offerta originaria.

4. Indelegabilità della vendita.

5. Accollo di debiti e escrow account

6. È necessaria la relazione di stima?

7. Comparabilità e cessioni di aziende.

8. Disapplicazione (parziale) dell’art. 2112 c.c.

9. L’art. 163-bis nel concordato con riserva.

10. Sorte dei contratti preliminari.

 

A meno di un anno dall’entrata in vigore dell’art. 163-bis ad opera della l. 132/15 constano già alcuni provvedimenti di tribunali, nonché diversi interventi dottrinali1 che soccorrono nel delineare più chiaramente l’ambito di operatività e modalità di applicazione della nuova norma.

 

  1. La scomoda posizione dell’offerente originario

Recita l’art. 163-bis, terzo comma, che “Se sono state presentate più offerte migliorative, il giudice dispone la gara tra gli offerenti”. Dunque, la gara può tenersi soltanto nel caso in cui giungano due o più offerte concorrenti migliorative rispetto all’offerta originaria.

In tal caso, non pare che possa partecipare alla gara anche colui che ha formulato l’offerta originaria, salvo che a sua volta abbia presentato un’offerta migliorativa; tanto si desume, oltre che dal tenore letterale del terzo comma, dalla circostanza che altrimenti la norma consentirebbe la tenuta della gara pure in presenza di una sola offerta migliorativa.

La conseguenza logica è che se vi sono offerte migliorative di terzi (anche soltanto una) e l’offerente originario non rende a sua volta un’offerta migliorativa, egli perderà in ogni caso l’affare. Infatti:

  • nel caso in cui consti un’unica offerta migliorativa e il potenziale acquirente risultante dal piano non abbia migliorato la propria, non si terrà alcuna gara e dunque il bene verrà venduto a chi ha presentato quest’ultima;
  • nel caso in cui vi siano due o più offerte migliorative, all’offerente originario sarà comunque preclusa la partecipazione alla gara ed il bene verrà aggiudicato ad uno degli altri offerenti2.

Dunque, per evitare di essere escluso dalla eventuale gara, è opportuno che il soggetto che ha formulato l’offerta originaria ne formuli successivamente una nuova offrendo il prezzo base della gara. Solo così gli sarà possibile competere con altri (uno o più) offerenti.

Il prezzo base è stabilito nel decreto che istituisce la gara, il quale deve indicare “l’aumento minimo del corrispettivo di cui al primo comma del presente articolo (cioè dell’offerta originaria) che le offerte devono prevedere”; dunque esso dovrà essere necessariamente maggiore di quello dell’offerta originaria3.

Di tale aumento per così dire forzoso sarà bene che l’offerente tenga conto in sede di formulazione dell’offerta originaria, riducendo conseguentemente il primo prezzo formulato. Osservo incidentalmente che l’aumento minimo, sebbene debba essere appunto …. minimo4, è opportuno sia non inferiore ai costi della gara (pubblicità, trascrizioni etc.), per consentire il recupero dei costi sostenuti.

Segnalo che questa interpretazione non è stata adottata dal tribunale di Bologna in un caso recentemente trattato (inedito), ove il prezzo base della gara è stato fissato in misura pari al corrispettivo dell’offerta originaria, quindi senza prevedere alcun aumento, ed è stato consentito all’offerente originario di partecipare alla gara, sebbene questi non abbia reso alcuna offerta migliorativa. L’intento è chiaro e lodevole: promuovere la partecipazione del maggior numero possibile di soggetti alla gara ai fini della formulazione del prezzo più alto possibile. Tuttavia la norma non pare lasciare spazio a questa interpretazione.

 

  1. Le offerte frivole

Si è posto il dubbio se l’offerta originaria debba essere irrevocabile o meno.

Le offerte concorrenti debbono esserlo senza alcun dubbio, posto che ai sensi del secondo comma dell’art. 163-bisIl decreto che dispone l’apertura del procedimento competitivo stabilisce le modalità di presentazione di offerte irrevocabili”.

Quanto all’offerta originaria, invece, il primo comma, che se ne occupa, menziona genericamente l’esistenza di “una offerta da parte di un soggetto già individuato”, mentre precisa al secondo comma che “l’offerta di cui al primo comma (cioè l’offerta originaria) diviene irrevocabile dal momento in cui viene modificata l’offerta in conformità a quanto previsto dal decreto ….”.

Ciò ha fatto propendere alcuni commentatori per l’ipotesi che l’offerta originaria non debba essere necessariamente irrevocabile5.

Si discosta da questa interpretazione il tribunale di Modena, il quale richiede l’irrevocabilità dell’offerta originaria, allo scopo di evitare i costi e l’attività burocratica connessi con l’instaurazione di una procedura competitiva in assenza di un serio impegno da parte del mercato. Sempre allo stesso scopo di evitare procedure competitive frivole, il tribunale di Modena non ritiene ammissibili le offerte originarie per persona da nominare, quand’anche l’offerente dichiari che il terzo eventualmente nominato sia una società interamente controllata dall’offerente.

Un’offerta originaria così formulata sarebbe irricevibile, e la debitrice dovrebbe richiederne la modifica prima di porla a base della propria proposta concordataria.

Taluni tribunali non ammettono la partecipazione alla gara neppure di offerte concorrenti per persona da nominare6 (sebbene l’obbligo di prestazione della garanzia dovrebbe scoraggiare offerte inaffidabili), con ciò discostandosi da quanto previsto dall’art. 579 c.p.c. in tema di vendite coattive. Altri tribunali invece ammettono le offerte per persona da nominare7.

Non sembra, dal tenore dell’art. 163-bis, che l’offerente originario debba prestare alcuna garanzia; in ogni caso, qualora questi l’abbia prestata nella forma della caparra e successivamente non risulti cessionario dell’azienda all’esito dell’espletamento delle procedure competitive, vanterà un credito di restituzione di natura prededucibile8, mentre qualora l’abbia prestata nella forma della fideiussione, essa deve essere fisicamente restituita9.

 

  1. Le condizioni nell’offerta originaria

Come noto le offerte concorrenti devono essere prive di condizioni (“Le offerte […] non sono efficaci […] quando sottoposte a condizione”).

Ci si interroga se l’offerta originaria possa invece contenere condizioni, da quella classica della definitività del provvedimento di omologazione (un tempo inserita per assicurare alla vendita effetto purgativo e liberatorio dai debiti aziendali pregressi, ora limitata alla funzione incentivante di un voto favorevole dei creditori, che altrimenti si vedrebbero soddisfattiti in misura più esigua da una vendita atomistica in ambito fallimentare), alla indicazione di un numero massimo di dipendenti da trasferire unitamente all’azienda, ad altre ancora.

Ebbene, l’apposizione di condizioni rientra nella normale libertà negoziale del primo offerente; tuttavia esse dispiegheranno la loro efficacia unicamente nel caso in cui egli non si sia conformato al decreto (poiché in tale diverso caso avrà dovuto rinunciare alle condizioni) e non constino offerenti concorrenti; soltanto in tale evenienza, infatti, egli risulterà acquirente del bene sulla base dell’offerta originaria10.

In taluni casi l’impossibilità di porre condizioni nelle offerte concorrenti può porre fuori gioco molti contendenti, così avvantaggiando l’offerente originario.

È il caso, ad esempio, di due società in concordato delle quali una possegga un’azienda e l’altra l’immobile all’interno del quale l’attività viene svolta; qualora si tratti di azienda non agevolmente trasferibile in altro luogo, vuoi per i costi di trasloco o per altre ragioni, sia l’offerente originario che quelli concorrenti avranno interesse ad acquistare entrambi i cespiti, oppure a non acquistarne nessuno.

Tuttavia soltanto l’offerta originaria potrà condizionare l’acquisto dell’azienda all’acquisto dell’immobile e viceversa, mentre ciò sarà precluso alle offerte concorrenti, col risultato che nessuna ulteriore offerta verrà presentata e quella originaria risulterà aggiudicataria del bene.

Certo, nulla impedisce che il tribunale disponga un’unica gara per la vendita congiunta sia dell’azienda che dell’immobile, così rendendo superflua ogni condizione, al fine di attrarre soggetti che altrimenti non vi parteciperebbero.

Tuttavia, se esiste un diritto del creditore di società in concordato a che la procedura di cui all’art. 163-bis esprima il miglior prezzo possibile (e depone in tal senso il quarto comma del medesimo articolo, nell’imporre la revisione della proposta e del piano concordatari all’esito della gara, sì da assicurare ai creditori che tutto il prezzo dell’aggiudicazione sia distribuito a loro favore), allora il meccanismo della gara unica per la vendita di beni appartenenti a più società lo mette a repentaglio, quel diritto.

E ciò in quanto la ripartizione dell’unico ricavato della vendita congiunta sui cespiti appartenenti a società diverse non può che essere effettuata su base convenzionale, con l’evidente rischio di “travasare” parte delle risorse finanziarie così conseguite dall’una all’altra società.

Più appropriata appare una fusione in corso di procedura avente efficacia antecedente alla gara, e quindi non condizionata alla definitività del provvedimento di omologazione11; in questo modo i diversi cespiti confluiranno in un patrimonio comune che potrà essere oggetto di una vendita unitaria. Il diritto di opposizione ex art. 2503 c.c. assicurerà che tale operazione possa essere effettuata soltanto con il consenso dei creditori oppure, in caso di opposizione, con il placet del tribunale delle imprese ex art. 2445 c.c. ultimo comma.

 

  1. Indelegabilità della vendita

Contrariamente a quanto indicato da gran parte della dottrina12, la norma pare escludere che la gara possa essere tenuta dal commissario o da un professionista delegato. Ciò in quanto la norma prevede che le offerte siano rese pubbliche all’udienza fissata per l’esame delle stesse e che, nel caso in cui vengano presentate più offerte migliorative, il giudice disponga la gara fra gli offerenti. Lo scopo è di introdurre un sistema di maggior garanzia per il debitore, non spossessato, il quale è sottoposto ad una considerevole limitazione della sua autonomia negoziale e patrimoniale13.

Poiché il verbale d’asta non ha valore di contratto, gli effetti traslativi si potranno avere soltanto con un successivo decreto di trasferimento del giudice o con atto notarile, previa autorizzazione del giudice; ed è in quest’ultimo caso che il professionista notaio potrà intervenire, ma si tratterà di un ambito ben più limitato rispetto alla delega alle operazioni di vendita ex art. 591-bis c.p.c..

 

  1. Accollo di debiti e escrow account

L’acquirente di un’azienda in concordato preventivo è esonerato da responsabilità per i debiti relativi all’esercizio dell’azienda sorti prima del trasferimento, quand’anche il trasferimento avvenga prima dell’omologazione (art. 105, quarto comma, richiamato dall’art. 182, quinto comma).

Ma che ne è del caso in cui l’offerta originaria preveda l’accollo di debiti da parte dell’acquirente?

Soccorre a questo riguardo l’art. 105, sesto comma, in forza del quale ciò è possibile solo se non venga alterata la graduazione dei crediti. Tuttavia, poiché l’accollo di debiti pregressi dell’imprenditore in concordato preventivo da parte di un terzo produce tendenzialmente il soddisfacimento integrale del creditore accollato, tale effetto può essere in definitiva accettato esclusivamente con riguardo alle passività cc.dd. “superprivilegiate”, il cui soddisfacimento integrale anche in ipotesi di liquidazione alternativa (cioè fallimentare) del patrimonio dell’imprenditore non potrebbe essere messo in discussione14.

Quindi l’accollo non potrà riguardare crediti chirografari o muniti di un basso grado di privilegio, ed un’offerta così formulata sarebbe irricevibile.

È così risolta – in senso negativo – la questione se sia ammissibile l’istituzione di un escrow account, cioè la costituzione di un deposito presso un terzo soggetto a garanzia di eventuali sopravvenienze passive (per esempio a tutela dell’eventuale emersione di diritti risarcitori di terzi in connessione a tematiche ambientali etc.). Tale forma di garanzia, spesso utilizzata nella prassi di cessione di aziende o partecipazioni sociali, si risolverebbe in un accollo anticipato di debiti, per lo più di natura chirografaria, preesistenti alla cessione ma non ancora emersi a quell’epoca, e ciò comporterebbe una alterazione della graduazione dei crediti.

 

  1. È necessaria la relazione di stima?

E’ lo stesso art. 163-bis, secondo comma, a fissare il criterio di determinazione del prezzo base della gara, disponendo che, con il decreto che istituisce la gara, “è stabilito l’aumento minimo del corrispettivo di cui al primo comma del presente articolo che le offerte devono prevedere”, ove per corrispettivo di cui al primo comma si intende quello dell’offerta concorrente.

Essendo la definizione del prezzo base per così dire pressoché automatica, pare superflua la relazione di stima di un esperto (a ben vedere non obbligatoria neppure nell’ambito di una vendita effettuata secondo le disposizioni del codice di procedura civile; cfr. art. 568) o comunque la determinazione, da parte di un terzo, del valore di mercato del bene15.

Peraltro è la stessa procedura competitiva ad assicurare la realizzazione del giusto prezzo e a scongiurare eventuali abusi, possibili unicamente in presenza di domande di concordato vincolate (o “chiuse”), oramai non più ammissibili16.

 

  1. Comparabilità e cessioni di aziende

Il decreto che dispone l’apertura del procedimento competitivo deve prevedere che sia assicurata in ogni caso la comparabilità delle offerte irrevocabili. Comparabilità che può diventare particolarmente ardua ove esse abbiano ad oggetto aziende, perché il perimetro aziendale oggetto di futura cessione può essere variamente definito (si pensi ad esempio all’individuazione di quali contratti debbano avere ad oggetto di trasferimento ai sensi dell’art. 2558 c.c. e quali no), e non è scontato che l’offerta originaria ed il (pedissequo o meno) decreto vi abbiano analiticamente provveduto.

Al fine di assicurare la corretta tenuta della gara, è opportuno dunque che il perimetro aziendale sia accuratamente definito dal tribunale già in sede di apertura del procedimento competitivo, ed è questa un compito assai delicato, poiché un’integrazione suppletiva dell’offerta originaria non attentamente calibrata potrebbe ridurre la competitività della gara, inducendo l’offerente originario (che si era offerto di acquistare un diverso perimetro aziendale) e/o i terzi a non parteciparvi. Proprio al fine di scongiurare questo rischio, è opportuno che tale attività venga svolta in collaborazione con il commissario, il quale potrà raccogliere ogni utile informazione presso gli estensori della domanda di concordato e presso l’offerente originario.

Nel contempo, nell’ottica di rendere le offerte comparabili tra loro, è opportuno che siano lasciati agli offerenti margini ristretti di discrezionalità sul contenuto della propria offerta, ad esempio imponendone la standardizzandone, se del caso anche tramite impiego di formulari precompilati.

Naturalmente potranno essere consentite dichiarazioni ulteriori rispetto a quelle identificative del soggetto che partecipa alla gara, in modo da non soffocare la fantasia degli offerenti e conseguire benefici ulteriori rispetto al miglior prezzo. Tuttavia queste dichiarazioni, come ad esempio l’impegno alla conservazione di un determinato numero di posti di lavoro, potranno costituire un parametro di selezione dell’aggiudicatario unicamente in via suppletiva, in caso di parità di recovery finanziaria fra più offerte. Infatti la stella polare che deve guidare la scelta del migliore offerente sarà pur sempre rappresentata dal massimo soddisfacimento dei creditori, il quale prescinde dal mantenimento dei livelli occupazionali17.

 

  1. Disapplicazione (parziale) dell’art. 2112 c.c.

L’art. 47, della legge n° 428/1990 impone che in caso di trasferimento di azienda ne sia data la comunicazione, almeno venticinque giorni prima del perfezionamento dell’atto o del raggiungimento di un’intesa vincolante, alle rappresentanze sindacali unitarie ed ai sindacati di categoria. Successivamente, su richiesta delle rappresentanze o dei sindacati, si procede ad un esame congiunto, al cui esito può essere concluso un accordo che consente la deroga all’articolo 2112 c.c.. In particolare recita il comma 4-bis dell’art. 47 che “Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione, l’articolo 2112 del codice civile trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo qualora il trasferimento riguardi aziende”.

La portata derogatoria dell’art. 2112 c.c. è meno ampia di quanto la norma lasci intendere, ovvero l’accordo può escludere la solidarietà del cessionario per i debiti che i lavoratori transitati avevano al momento del trasferimento e prevedere modifiche peggiorative delle condizioni di lavoro dei lavoratori transitati, ma non può prevedere l’esclusione del trasferimento al cessionario del rapporto di lavoro dei dipendenti addetti al ramo dell’azienda ceduto. In altri termini l’inciso “anche parziale” va interpretato come riferito alle condizioni del rapporto di lavoro e non anche alla possibilità di limitare la prosecuzione del rapporto di lavoro solo ad alcuni lavoratori18.

Nonostante queste limitazioni, la norma risulta molto utile per “plasmare” i rapporti di lavoro in modo da rendere l’azienda più appetibile per il potenziale offerente. Tuttavia nel caso di procedure competitive di vendita di aziende la possibilità di accordi preventivi che disattivino parzialmente l’art. 2112 c.c. è sostanzialmente preclusa.

Infatti per espressa previsione dell’art. 47 l’obbligo di comunicazione preventiva concerne sia il cedente che il cessionario, e quest’ultimo non sarà ancora stato individuato nei venticinque giorni che precedono la gara.

Né è ipotizzabile che, per rimediare a ciò, le offerte concorrenti pongano come condizione sospensiva del trasferimento dell’azienda la stipulazione di accordi derogatori dell’art. 2112 c.c. da perfezionarsi in epoca successiva all’aggiudicazione o alla vendita, stante la impossibilità di presentare offerte concorrenti condizionate (a tacere del fatto che, una volta conclusa l’aggiudicazione, ben difficilmente le controparti sindacali saranno disponibili a giungere ad un accordo che comprima i diritti dei dipendenti). Al contrario l’offerta originaria potrà porre condizioni di questo genere, ma esse, per le ragioni già esposte, avranno effetto soltanto in assenza di offerte concorrenti.

Per questo motivo19 l’offerente dovrà verosimilmente onerarsi dell’intero passivo derivante dai lavoratori dipendenti, salvo che la debitrice abbia stipulato per tempo specifici accordi individuali.

 

  1. L’art. 163-bis nel concordato con riserva

Recita l’art. 163-bis che la disciplina ivi contenuta “si applica, in quanto compatibile, anche agli atti da autorizzare ai sensi dell’art. 161, settimo comma.”.

Pertanto nulla osta, purché sussistano i requisiti d’urgenza previsti dall’art. 161, a che venga avviata la procedura competitiva anche prima del deposito della domanda definitiva ed indipendentemente dall’esistenza o meno di un piano20. Ciò di regola accadrà quando vi sia un rischio di deterioramento di beni o svilimento di valori; caso, quest’ultimo, di aziende per le quali l’offerente originario, temendo danni reputazionali derivanti dal concordato, desideri accelerarne l’acquisizione.

A rigor di logica, una procedura competitiva potrà essere avviata durante la fase del concordato con riserva anche qualora non consti l’offerta di terzo, purché ovviamente vi siano motivi d’urgenza. Non pare infatti che la disciplina di cui all’art. 163-bis abbia derogato a quella generale di autorizzazione degli atti urgenti di straordinaria amministrazione di cui all’art. 161, settimo comma, avendo la prima unicamente lo scopo di impedire la pratica delle proposte vincolate ai fini della massimizzazione del soddisfacimento dei creditori. Ad eguali conclusioni si deve giungere circa la possibilità di attivare una procedura competitiva, seppur in assenza di offerta di terzo, dopo il decreto di ammissione attraverso apposita autorizzazione ai sensi dell’art. 167, secondo comma.

Nonostante il mancato richiamo nell’art. 163-bis degli artt. da 105 a 108-ter, questi ultimi si applicano anche alla vendita competitiva effettuata prima dell’omologazione, in forza dell’art. 182, quinto comma, il quale costituisce un principio generale imposto per tutti gli atti dismissivi compiuti nell’ambito del concordato, ivi compresi quelli effettuati nella fase “in bianco”21.

Così anche alla vendita effettuata ante omologa, ed anche a quella attuata nel concordato con riserva, si estenderanno sia gli effetti purgativi delle eventuali iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sui beni venduti sia gli effetti liberatori dalla responsabilità dell’acquirente per i debiti sorti prima del trasferimento dell’azienda. Con la precisazione però che, in difformità dell’art. 107, non sarà vincolante l’obbligo di pubblicare la vendita almeno trenta giorni prima, dovendo essere garantita la massima speditezza della procedura competitiva, né potrà essere attuata la sospensione della vendita da parte del commissario per l’ipotesi della presentazione di offerte migliorative, essendo tale vendita indelegabile per le ragioni precedentemente illustrate22.

Vi è infine da interrogarsi se possa essere qualificata come concordato in continuità aziendale una procedura che attui la vendita dell’azienda prima del deposito della domanda definitiva.

Il tenore del primo comma dell’art. 186-bis, il quale recita che “Quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell’attività di impresa […] si applicano le disposizioni del presente articolo.”  fa propendere per la tesi negativa, in quanto un concordato può definirsi in continuità soltanto in presenza del piano di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e), cioè di una domanda definitiva.

La conseguenza logica è che in tal caso la proposta deve assicurare ai creditori il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari, salvo trattarsi di concordato misto23.

Viceversa, se la vendita dell’azienda viene effettuata dopo l’ammissione, ma prima dell’omologazione, la procedura assume i connotati di un concordato in continuità, per le ragioni anzidette. Ovviamente, però, ai creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca sui beni oggetto di liquidazione non potrà essere riconosciuta la moratoria di cui all’art. 186-bis, secondo comma, se non nei termini indicati dalla giurisprudenza della Cassazione24.

 

  1. Sorte dei contratti preliminari

Non paiono rientrare nell’ambito applicativo delle offerte concorrenti i contratti preliminari di cessione di singoli beni ricollegabili alla normale attività di gestione dell’impresa, quantunque sul punto non vi sia accordo unanime in giurisprudenza25. E’ il caso, ad esempio, dei preliminari di compravendita di appartamenti stipulati da una società immobiliare26; tali contratti conservano la loro efficacia, salvo domanda di sospensione o scioglimento da parte del debitore ex art. 169-bis, e non determinano l’avvio di procedure competitive.

Viceversa qualora si tratti di contratti preliminari relativi a beni la cui vendita non costituisca oggetto dell’attività di impresa (come è il caso della cessione in blocco delle merci ricoverate in magazzino27), allora occorrerà avviare la procedura competitiva, e l’aggiudicazione o la vendita del bene a soggetti diversi dal promissario acquirente determinerà un’ipotesi di scioglimento coattivo dei contratti preliminari nonché, in caso di cessione di azienda, di scioglimento coattivo dei preesistenti contratti d’affitto d’azienda ed estimatorio28.

Ma che ne è di quella categoria di preliminari che non si possono sciogliere, indicata all’art. 72, ottavo comma e richiamata dall’art. 169-bis, quarto comma? Si tratta dei preliminari trascritti ex art. 2645-bis c.c. aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado, ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente.

In tal caso, la tesi da preferire è che l’art. 163-bis prevalga sul preliminare, determinandone ugualmente lo scioglimento coattivo, ma che il promissario acquirente abbia diritto alla restituzione delle somme anticipate in prededuzione, poiché lo scioglimento non si determinerebbe per effetto dell’art. 169-bis, il quale riconosce al contraente un indennizzo da soddisfare come credito anteriore al concordato29, bensì come credito sorto in funzione ed occasione della procedura.

Ritenere al contrario che quel tipo di contratti preliminari immobiliari sopravviva consentirebbe facili manovre elusive, consistenti nella loro stipulazione e trascrizione nell’imminenza della domanda di concordato, e violerebbe quel principio di competitività che pare essere diventato la regola fondamentale di tutte le attività di liquidazione del concordato preventivo.

È fatto tuttavia salvo il caso che sia stata trascritta, prima della domanda di concordato, una domanda giudiziale ex art. 2932 c.c., volta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di stipulare il contratto definitivo30, nel qual caso gli effetti del contratto preliminare saranno salvi e non si darà luogo alla vendita competitiva.

 

Note:

[1]     Tra i quali si annoverano Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, in fallimentiesocietà.it. La Malfa, Le offerte concorrenti, in osservatorio-oci.org.

[2]     L’utilizzo dei distinti termini “vendita” e “aggiudicazione”, cui fa riferimento l’art. 163-bis, va inteso come segue: il termine “aggiudicazione” si riferisce all’individuazione dell’acquirente finale quando venga fatta la gara competitiva tra più concorrenti, mentre il termine “vendita” si riferisce al caso in cui ci sia un unico offerente, sia esso l’offerente che abbia fatto la sua offerta prima del deposito del ricorso, o sia invece l’unico offerente che rimanga pur dopo l’apertura della procedura competitiva; in queste ultime ipotesi, infatti, non vi è luogo ad aggiudicazione in senso proprio, ma a semplice accettazione dell’unica offerta. Così Lamanna, Speciale Decreto “Contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: concordato preventivo – “Proposte/piani” ed “offerte” concorrenti in ilfallimentarista.it.

[3]     Tanto si desume da Trib. Modena, 19 aprile 2016, in ilcaso.it.

[4]     Trib. Bolzano, 17 maggio 2016 auspica che l’aumento sia esiguo per limitare quanto più possibile il potere del tribunale di incidere sull’autonomia negoziale delle parti.

[5]     Così, tra gli altri, Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, in fallimentiesocietà.it.

[6]     Trib. Modena, 19 aprile 2016; Trib. Forlì, 3 febbraio 2016, in ilcaso.it.

[7]     Così il Trib. di Bologna, inedito.

[8]     Trib. Pisa, 26 novembre 2015, in ilcaso.it. In realtà nel caso esaminato non è chiaro se la caparra sia stata data prima o dopo l’accesso alla procedura concorsuale; si potrebbe astrattamente dubitare, nel primo caso, che il credito da restituzione sia effettivamente prededucibile, ma a fugare ogni dubbio è l’inciso del terzo comma in forza del quale, in caso di aggiudicazione a terzi, l’offerente originario “è liberato dalle obbligazioni eventualmente assunte nei confronti del debitore”, oltre ad essere ristorato delle spese sostenute nei limiti del 3% della propria offerta.

[9]     Trib. Alessandria, 12 novembre 2015, in ilcaso.it.

[10]   Trib. Bolzano, 17 maggio 2016, in ilcaso.it.

[11]   Ritenuta legittima, purché autorizzata, dal Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, massima 36/2013. Così anche Brogi, il concordato preventivo di gruppo e la fusione, in osservatorio-oci.org.

[12]   Così Ambrosini, Il nuovo diritto della crisi d’impresa: l. 132/15 e prossima riforma organica, Zanichelli, 2016, pag. 111.

[13]   Trib. Bolzano, 17 maggio 2016, in ilcaso.it nonché la circolare operativa n. 2/2016 del Tribunale di Bergamo, in ilfallimentarista.it.

[14]   Bonfatti, I concordati preventivi di risanamento, in ilcaso.it.

[15]   Ma pare assumere un’interpretazione antiletterale della norma Trib. Forlì, 3 febbraio 2016, in ilcaso.it, il quale demanda la determinazione del prezzo di base della gara al Commissario Giudiziale.

[16]   Trib. Monza, 17 maggio 2016.

[17]   Tale salvaguardia è posta come obiettivo esplicito nelle cessioni di azienda effettuate nell’ambito dell’amministrazione straordinaria (art. 63, terzo comma, D.Lgs. n. 270/99), ma non di quelle effettuate nell’ambito del concordato preventivo (diversamente da quanto previsto per l’affitto d’azienda, che è comunque una operazione di natura temporanea). Scopo della legge fallimentare è, in ultimo, assicurare il massimo beneficio ai creditori.

[18]   Così Trib. Roma, 15 gennaio 2016; Trib. Busto Arsizio, 17 dicembre 2014, Trib. Padova, 27 marzo 2014.

[19]   Oltre che per la scarsa collaborazione che l’imprenditore potrebbe prestare a fronte di un’offerta concorrente non gradita; così Varotti, Appunti veloci sulla riforma 2015 della legge fallimentare; in ilcaso.it.

[20]   Trib. Rovigo, 17 novembre 2015, Trib. Palermo, 6 maggio 2016, Trib. Bolzano, 17 maggio 2016, in ilcaso.it.

[21]   Trib. Bolzano, 17 maggio 2016, in ilcaso.it.

[22]   Trib. Bolzano, 17 maggio 2016, in ilcaso.it.

[23]   Con la precisazione, però, che non vi è accordo in giurisprudenza e dottrina sul criterio per qualificare un concordato misto quale liquidatorio oppure in continuità, ed in particolare se si debba applicare un principio di prevalenza – e quale sia il parametro discriminante, poiché di fianco a chi ritiene che si debba avere riguardo ai flussi di cassa prodotti dall’una e dall’altra attività vi è chi ritiene che un concordato resti in continuità anche se la parte liquidatoria produca la maggior parte delle risorse finanziarie rispetto alla continuità – oppure di coesistenza.

[24]   Da ultimo Cass. civ. n. 17461 del 2 settembre 2015, in ilcaso.it.

[25]   A favore Trib. Livorno, 11 maggio 2016 in ilcaso.it. Postula invece l’inderogabilità senza eccezioni della norma Trib. Monza, 17 maggio 2016, per il quale la disciplina delle offerte concorrenti ex art. 163 bis l. fall. si applica a qualsiasi trasferimento di beni in ambito concordatario.

[26]   Il caso è prospettato nella circolare operativa n. 2/2016 del Tribunale di Bergamo, in ilfallimentarista.it.

[27]   Trib. Palermo, 4 maggio 2016, in ilcaso.it.

[28]   Trib. Udine, 15 ottobre 2015, in ilcaso.it.

[29]   Si tratterebbe comunque nella maggior parte dei casi di un credito privilegiato ex art. 2775-bis c.c..

[30]   Cass. Sez. Un. Civili 16 settembre 2015, n. 18131.